Il santuario di Montovolo: verso il restauro storiografico



Un fantasma terribile si aggira su Montovolo. Eccomi nell'oratorio di S. Caterina. Gli amici cattolici che mi accompagnano, usi a serene devozioni domenicali, bofonchiano contro questa smania di innovazioni postconciliari deturpanti, contro questo altare da geometri, ma io, solitamente consenziente, libertino, rotto a tutte le arie, mi avvicino con cautela e conto le pietre. Sono 12. Le dodici tribù d'Israele, l'altare di Elia sul Carmelo, l'altare del rinnovato patto tra Dio e il suo popolo, dell'unità della nazione! Dunque ancora una volta su questo Sacro monte qualcuno ha osato evocare il fantasma terribile del profeta non morto che vi si aggira. Dunque i figli dei profeti sono ancora tra noi? Cerco la presenza arcana. E certo un segno della sua follia combattere il culto dei monti e scegliere le vette più aspre per manifestarsi. Nazionalista fanatico, sacerdote, scienziato, alchimista e mago, demagogo e voce del popolo, profeta... Ci sarà una sua ennesima reincarnazione e quali nuove magie compirà? Quante teste di falsi profeti chiederà di nuovo? Contro quale Jezabel si scaglierà e contro quali governanti corrotti invocherà l'ira di dio e del popolo? Quale nuova crociata chiederà?

Forse basterebbe un nulla, un rapido mutare dell'atmosfera, un addensarsi di nuvole ed un sibilo di vento, un tuono od un fulmine ed io stesso potrei cingere i fianchi di pelle di capra, provare il sapore delle erbe amare della solitudine e poi scendere dal monte e ribaltare i banchetti dei mercanti nel tempio o urlare contro i cuori induriti nella pingudine. Ma io sono solo un libertino erudito, precocemente invecchiato su carte polverose, un povero Filemazo incapace di cogliere il senso delle trasformazioni e di dare loro voce e forse i figli dei profeti hanno lasciato definitivamente questi luoghi...

Ma ci fu un tempo, laggiù, in fondo alla valle, oltre la cerchia dei monti, che la «vecchia signora dai fianchi un po' molli», come la vede Guccini, nell'orgoglio della sua giovinezza si proclamò Bononia vera, «Bona per omnia», e Davide o Giuditta orgogliosa innalzò contro il Golia e l'Oloferne feudale lo stendardo delle libertà repubblicane e della rivoluzione e proclamò tutti i figli di dio pari per dignità, tutti egualmente liberi e redenti dalla croce, chiamati a godere di un nuovo paradiso terrestre. Ci fu un tempo che questo popolo generava martiri e profeti, in cui questo sacro monte fu forse l'ombelico del mondo.

Forse questa generazione è destinata a vivere solo di memorie, forse Elia o Merlino o l'arcidiacono Ubaldini o Bessarione hanno lasciato per sempre questi luoghi, ma forse non è un caso che una amministrazione laica riscopra questo sacro monte destinandolo a parco, che un sacerdote al di là di consunte orazioni riscopra la forza di un altare biblico e di una dimensione profetica, la forza civile della religione, o che si accentuino i restauri monumentali e che studiosi diversi riscoprano, dopo secoli, gli eventi del santuario, le sue autentiche leggende e reliquie. Forse i tempi sono maturi per una riconsacrazione di Montovolo. Riconsacrazione alla divinità?... alla terra... al popolo? Forse hanno sempre coinciso. 


Regesto di rogiti dei Lenzi ed Evangelisti di Lustrola (1747 – 1805) in possesso di Guia e Salvatore Sutera


Questo regesto trae occasione dal restauro della torre cinquecentesca costruita dal notaio Giulio Zanini e delle annesse case già dei Biffoni, pervenute quindi ai Lenzi del ramo di Andrea di Giovanni, detto Giochetto, da cui per eredità diretta a Guia e Salvatorre Sutera, che, nei limiti del possibile, ne hanno curato l’attento restauro dopo un periodo di relativo abbandono o anche, quel che è peggio, di interventi di ammodernamento – abbellimento in realtà spersonalizzanti.

Lustrola nel Catasto Boncompagni (1780-85). Agostini (verde chiaro); Biffoni (celeste); Mattioli; Paccagnini (marrone); Chiesa, canonica, sagrato e cimitero (verde); Tombelli (rosa scuro); Lenzi (giallo); Evangelisti (viola); Nanni (rosso); Casa della Comunità (verde azzurro) – Elaborazione di Alfeo Giacomelli.

Le pietre raccontano. La grande storia di un piccolo edificio di Lustrola


Secondo la loro tradizione di famiglia – raccolta e divulgata da fra Gerolamo “il Capugnano” – gli Zanini si dicevano originari di Montecatini e trasferiti in Granaglione nel Duecento quando vi avrebbero conseguito il controllo del centro forte di Castel Martino, poi distrutto dai Panico nel 1306 - 7.


Arturo Palmieri e l'"Archivio per lo studio delle tradizioni popolari" di Giuseppe Pitré



Il presente testo, pubblicato su “Al Sas. Progetto 10 righe” n.9 (2004), pp.13-30, e n. 11 (2005), pp.133-153), riproduce la relazione tenuta a Riola il 19 giugno 1994, in occasione del colloquio "Arturo Palmieri e la Montagna Bolognese", sotto il patrocinio della Provincia di Bologna, dei comuni di Vergato e Grizzana Morandi e della Pro Loco di Riola, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte dello storico, ma, contemporaneamente, conclude anche gli articoli pubblicati su “Eclissi di luna” sulla Leggenda medievale di S. Acazio di Montovolo.

Chiesa di S.Maria a Montovolo di A Rubbiani, 1908, tratta da fci.unibo

Salvaguardare Lustrola




Questa piccola pubblicazione ruota prevalentemente su una casa – torre del Cinquecento, sul suo fondatore e la sua famiglia. In un piccolo convegno di Italia Nostra di qualche decennio fa – che ebbe tra i suoi promotori anche il lustrolano Bottoni - avevamo lamentato le manomissioni che di quella torre si erano succedute nel corso dell’ultimo secolo per il progressivo accentuarsi dei fenomeni migratori, le mutazioni del costume ma soprattutto per la perdita pressoché totale della memoria storica e nella errata convinzione che la storia della montagna fosse stata solo una storia di povertà ed emarginazione, laddove, per molti versi era vero proprio il contrario, ossia che la storia di quella montagna era stata costantemente centrale e correlata alla grande storia, sia sul piano politico – militare che sul piano economico e culturale. Insistevamo sul fatto che la vicenda del contado e della montagna, del mondo popolare, e la vicenda delle città e della cultura accademica, dell’alta cultura, erano state costantemente molto più strettamente correlate di quanto di solito non si supponesse. Gli studi puntuali che abbiamo svolto successivamente, e di cui qui potremo dare solo qualche breve sintesi, hanno ampiamente confermato quelle analisi.



 
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