Un ripensamento attuale della storia e dei problemi del Reno può ora forse procedere
all'inverso, dalla foce e dalle valli comacchiesi, dalle saline verso le cime appenniniche
delle sorgenti. Non manca chi, e noi siamo tra quelli, sogna la possibilità
anche di un ripristino storico-ambientale, ad esempio di tratti consistenti di costa o
di parte consistente delle valli comacchiesi. Ma anche senza giungere a tanto è certo
che è giunto il momento di salvaguardare quanto sopravvive degli antichi ambienti
naturali ed antropici, della loro ordinaria e stretta integrazione attraverso una serie
di parchi e di vincoli, dal parco del Delta alla città di Comacchio, a tutta la serie dei
centri storici minori sviluppatisi storicamente lungo il Primaro-Reno, delle valli del
Campotto al bosco della Panfilia, dal Cento-Pievese al Naviglio, dalle ville di
Pontecchio e del Sasso ai prati di Mugnano, al parco di Monte Sole e Montovolo, fino
ad un auspicabile parco dell'Alto Reno, articolato sulla cresta spartiacque, sui boschi
demaniali e comunitari, sul Corno alle Scale e le vicine valli, di cui vanno salvaguardati,
come parte integrante, anche i toponimi, spesso di gran lunga più belli e
significanti dei nuovi e improvvisati, ascientifici toponimi 'turistici". L'esempio
dell'Ecomuseo della Montagna Pistoiese è indicativo di come sia possibile fare ottime
cose senza quasi alcuna spesa ma solo con un minimo di sensibilità.
Questa non è oggi una proposta conservatrice, ma l'unica reale proposta di progresso, che non può procedere attraverso la continua distruzione delle proprie radici storiche ed umane, pena costi economici e sociali destinati a diventare ogni giorno più rilevanti. Ne abbiamo infatti crescenti e quotidiane dimostrazioni: dai fenomeni dell'erosione marina delle coste alle morti del "sabato sera", dai fenomeni di accentuata subsidenza che riguardano gran parte della pianura bolognese-romagnola ai crescenti rischi di collasso del sistema idraulico e scolante, ai problemi della potabilità e balneabilità delle acque o delle frane collinari-montane, ecc. E non parliamo di infiniti altri costi sociali, di un degrado umano e di una perdita di valori che spesso giungono a rasentare la pura follia e l'autodistruzione. Come gli individui anche le collettività hanno bisogno della memoria, della coscienza del proprio passato: è una necessità di sopravvivenza e di equilibrio senza di cui si rischia, appunto, la pazzia. Anche i musei o parchi letterari proposti da Stanislao Nievo sono essenziali in questa direzione, e non costano assolutamente nulla. Questo recupero però non può essere lasciato allo spontaneismo velleitario del rimpianto, della raccolta estemporanea di ricordi, del "come eravamo felici quando stavamo peggio". Se deve assolutamente evitare sprechi economici e l'impiantarsi di nuove pressioni speculative e di elargizioni clientelari da parte degli organismi pubblici (che sono già troppe), deve essere una proposta organica, moderna, rigorosamente scientifica, che, col recupero della limpidezza delle acque e della loro vita biologica (nelle acque ed intorno alle acque), riproponga appunto consapevolmente anche gli ambienti storici ed umani, le culture che lungo il Reno si sono storicamente sviluppate, dai paesaggi ai manufatti e alle culture materiali, dagli ambienti urbanistici ai singoli monumenti, alle grandi personalità creatrici che di questi contesti sono state anch'esse un prodotto quasi necessario, come il Danesi, l'Aleotti, il Guercino, Guglielmini, il Vignola, ...Marconi, ecc. ecc. In questo senso la proposta di un grande parco del Reno non si presenterebbe come un museo fossilizzato, ma come un polmone vitale e stimolante inserito nella quotidianità della vita moderna, capace di visualizzarla costantemente ed in particolare capace di fornire alla scuola un supporto vivo ed integrato di tutte le diverse scienze naturali ed umane, quasi nella loro sorgiva ed originaria unità, evitando I'attuale e schizofrenica dissociazione tra le diverse discipline, tra scuola e vita, tra lavoro e svago-vacanza. Si tratta di riproporre il relax e la vacanza (o la "festa") a portata di mano, integrati nella quotidianità, e, contemporaneamente di riproporre la stimolante esperienza della diversità, del confronto tra le culture, del loro rapporto necessario con I'ambiente fisico e le risorse, della loro "necessità" storica, interdipendenza e complementarietà. Del resto, in molti casi, gli elementi per la realizzazione di un Ecomuseo del Reno già esistono, perché non mancano già iniziative di salvaguardia di ambienti, opere d'arte, protoindustrie, manufatti, ecc. ed anche non pochi comuni hanno manifestato sensibilità per il recupero e la salvaguardia del loro patrimonio storico, così come non mancano, anche fuori dai contesti accademici ed universitari, gruppi di studio interessati alla valorizzazione dei patrimoni delle loro aree. Ci sembra, fondamentalmente, che, a questo punto, occorra soprattutto un'idea guida, un'idea forte, capace di sollecitare e coordinare queste iniziative e di creare intorno ad esse la convergenza e I'entusiasmo delle amministrazioni, degli operatori economici e turistici, della scuola, degli studiosi, delle popolazioni.
Questa non è oggi una proposta conservatrice, ma l'unica reale proposta di progresso, che non può procedere attraverso la continua distruzione delle proprie radici storiche ed umane, pena costi economici e sociali destinati a diventare ogni giorno più rilevanti. Ne abbiamo infatti crescenti e quotidiane dimostrazioni: dai fenomeni dell'erosione marina delle coste alle morti del "sabato sera", dai fenomeni di accentuata subsidenza che riguardano gran parte della pianura bolognese-romagnola ai crescenti rischi di collasso del sistema idraulico e scolante, ai problemi della potabilità e balneabilità delle acque o delle frane collinari-montane, ecc. E non parliamo di infiniti altri costi sociali, di un degrado umano e di una perdita di valori che spesso giungono a rasentare la pura follia e l'autodistruzione. Come gli individui anche le collettività hanno bisogno della memoria, della coscienza del proprio passato: è una necessità di sopravvivenza e di equilibrio senza di cui si rischia, appunto, la pazzia. Anche i musei o parchi letterari proposti da Stanislao Nievo sono essenziali in questa direzione, e non costano assolutamente nulla. Questo recupero però non può essere lasciato allo spontaneismo velleitario del rimpianto, della raccolta estemporanea di ricordi, del "come eravamo felici quando stavamo peggio". Se deve assolutamente evitare sprechi economici e l'impiantarsi di nuove pressioni speculative e di elargizioni clientelari da parte degli organismi pubblici (che sono già troppe), deve essere una proposta organica, moderna, rigorosamente scientifica, che, col recupero della limpidezza delle acque e della loro vita biologica (nelle acque ed intorno alle acque), riproponga appunto consapevolmente anche gli ambienti storici ed umani, le culture che lungo il Reno si sono storicamente sviluppate, dai paesaggi ai manufatti e alle culture materiali, dagli ambienti urbanistici ai singoli monumenti, alle grandi personalità creatrici che di questi contesti sono state anch'esse un prodotto quasi necessario, come il Danesi, l'Aleotti, il Guercino, Guglielmini, il Vignola, ...Marconi, ecc. ecc. In questo senso la proposta di un grande parco del Reno non si presenterebbe come un museo fossilizzato, ma come un polmone vitale e stimolante inserito nella quotidianità della vita moderna, capace di visualizzarla costantemente ed in particolare capace di fornire alla scuola un supporto vivo ed integrato di tutte le diverse scienze naturali ed umane, quasi nella loro sorgiva ed originaria unità, evitando I'attuale e schizofrenica dissociazione tra le diverse discipline, tra scuola e vita, tra lavoro e svago-vacanza. Si tratta di riproporre il relax e la vacanza (o la "festa") a portata di mano, integrati nella quotidianità, e, contemporaneamente di riproporre la stimolante esperienza della diversità, del confronto tra le culture, del loro rapporto necessario con I'ambiente fisico e le risorse, della loro "necessità" storica, interdipendenza e complementarietà. Del resto, in molti casi, gli elementi per la realizzazione di un Ecomuseo del Reno già esistono, perché non mancano già iniziative di salvaguardia di ambienti, opere d'arte, protoindustrie, manufatti, ecc. ed anche non pochi comuni hanno manifestato sensibilità per il recupero e la salvaguardia del loro patrimonio storico, così come non mancano, anche fuori dai contesti accademici ed universitari, gruppi di studio interessati alla valorizzazione dei patrimoni delle loro aree. Ci sembra, fondamentalmente, che, a questo punto, occorra soprattutto un'idea guida, un'idea forte, capace di sollecitare e coordinare queste iniziative e di creare intorno ad esse la convergenza e I'entusiasmo delle amministrazioni, degli operatori economici e turistici, della scuola, degli studiosi, delle popolazioni.
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