Le aree chiave della bonifica bolognese


Le aree chiave che sono state delineate giocarono, come si è visto, un ruolo mutevole nei diversi periodi rispetto alla bonifica generale. Nel '600 al centro del dibattito fu soprattutto l'area inferiore di Reno dato che le acque investirono soprattutto la Sanmartina e le più recenti bonifiche cinquecentesche e le soluzioni teoriche furono incentrate soprattutto sulla reinalveazione in Primaro-Volano e in Po Grande (linee Corsini-Capponi e Cassini-Guglielmini). Questa situazione si mantenne anche nel primo trentennio del secolo XVIII, con un dibattito sempre più puntualizzato sui problemi di Reno inferiore a levante sia per la Sanmartina estense in via di recupero, sia per i problemi della navigazione che per l'attivismo aldrovandiano. In questo trentennio, per altro, complessivamente, continuarono a prevalere gli interessi ferraresi che poterono far pesare nel dibattito anche la presenza dell'Impero in Comacchio ed una sua già pronunciata penetrazione un po' in tutto il Ducato, incentrantesi nella personalità e nelle molteplici iniziative del Cervelli.
Negli anni trenta invece, gli interessati bolognesi di Reno inferiore a levante acquistarono un crescente peso politico non solo nella legazione ma nello stato; il loro successo culminò negli anni '40 col pontificato lambertiniano e con la legazione romagnola dell'Aldrovandi. L'area chiave del dibattito idraulico, a causa delle rotte dell'Idice, era divenuta intanto quella centrale. Fu per la fusione degli interessi di questa area con quelli di Reno a levante che la tradizionale pressione degli interessati delle zone piÉ basse prese il sopravvento sull'attendismo e sull'impostazione prevalentemente giurisdizionale dei problemi idraulici dell'assunteria d'Acque. Il controllo del potere statale unitamente a questa convergenza d'interessi permise non solo di battere la resistenza ferrarese ma anche di operare una decisa rivoluzione nella tradizionale organizzazione idraulica bolognese. L'assunteria d'Acque ed il senato furono esautorati; si affermò in continuità con 7a tradizione dei comprensori privatistici il principio della diretta rappresentanza degli interessati, dando loro una prima stabile organizzazione comprensoriale che, a sua volta venne fusa e mediata nella prima salda organizzazione idraulica larga del territorio bolognese, la Congregazione del Benedettino.
Almeno in linea di principio si affermò il criterio della tassazione larga ma anche dell'intervento pubblico, della necessità, di finalizzare gli interventi al preminente interesse collettivo.
Dopo il fallimento del Benedettino, nel dispiegarsi di tutte le contraddizioni passate e dei conflitti speculativi, la solidità finanziaria e la potenza politica del Pallavicini favorirono ancora per qualche tempo i ferraresi, riproposero la centralità della Sanmartina ma più durevolmente operarono la separazione di molteplici interessi tradizionali da quelli del Magistrato dei Savi e della Congregazione dei Lavorieri, aprendo anche in Ferrara quella crisi istituzionale delle magistrature idrauliche che a Bologna si era avuta col Benedettino. L'iniziativa pallaviciniana e superiorista, attaccando a fondo anche le magistrature bolognesi, costrinse i bolognesi stessi ad un ulteriore sforzo di elaborazione istituzionale. Concretamente, al di là della stessa Congregazione del Benedettino, ridette spazio ad una assunteria d'Acque riformatrice, quale quella impersonata dal Grassi dal Malvasia, dal Fantuzzi, che, oltre alla stessa mediazione degli interessi privati avviata dalla Congregazione del Benedettino, si fece più direttamente carico dei nodi politici generali della bonifica, imponendola anche attraverso la dittatura riformatrice, avviando una tassazione larga, anticipatrice dei catasti e del tematico, la sola capace di realizzare e mantenere la bonifica. Con l'iniziativa dell'assunteria e del Grassi si giungeva per la prima volta ad un'impostazione veramente unitaria dei problemi idraulici e dei connessi problemi giuridici e finanziari del territorio bolognese. In qualche modo venivano meno le stesse aree chiave nella connotazione che qui se ne è data, sostituite dalla preminenza di scelte piri rigorosamente tecnico-scientifiche. L'elaborazione di questa linea fu però difficile e contrastata, dovette ancora largamente mediare coi particolarismi e in qualche modo cedere tatticamente ad essi, utilizzarli.
Col Voto Lecchi, che permise il concreto avvio della bonifica, si dovette simulare una convergenza di interessi immediatamente speculativi impossibile nella pratica, cosi come successivamente alcune scelte non solo tecniche ma anche di arca politica si resero necessarie, proponendo la preminenza prima dell'area di Marmorta e poi, di nuovo dell'area centrale, tra Idice e Savena.
A raccogliere i frutti del rinnovamento idraulico ed istituzionale sembrarono essere immediatamente I'autorità, legatizia, le tendenze monarchiche ed accentratrici; in realtà si erano impiantate le strutture più idonee allo sviluppo dell'agricoltura e della società locale, quelle strutture che avrebbe ereditato il Regno d'Italia napoleonico e, oltre di esso, lo stato nazionale.



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