Mezzolara, una tenuta e una comunità tra il XVI e il XIX secolo




Premesse di lungo periodo dell'agricoltura bolognese. La formazione delle tenute Bentivoglio Manzoli-Odorici e Bentivoglio a Bagnarola e a Mezzolara e la loro gestione nel Settecento.

La tenuta della Mezzolara che nell'Ottocento fu dei Baciocchi e poi dell'imperatrice Eugenia di Montijo sotto la grande affittanza del Benni che infine ne divenne proprietario, insisteva su tre grandi tenute aristocratiche precedenti: quella di S. Martino in Soverzano dei Manzoli, che dopo la metà del '700 pervenne a diversi esponenti dei Marsigli; quella dei Bentivoglio Manzoli, anch'essa in origine in gran parte dei Manzoli, che nello stesso periodo venne acquistata e rivalorizzata dal tesoriere Pietro Odorici; quella della famiglia senatoria Bentivoglio, nella quale nel 1723-7 era già confluita per via fidecommissoria una parte dell'originaria tenuta Bentivoglio Manzoli. Queste due ultime tenute entrarono pressoché interamente a far parte della tenuta ottocentesca, mentre quella dei Manzoli e dei Marsigli solo per alcune parti. Però nella tenuta ottocentesca vennero ancora accorpati altri beni minori provenienti dai marchesi Banzi, da diversi borghesi, come i Muzzioli, i Cacciari, i Bortolotti, Carlo Chiesa, figlio del grande perito Andrea, e soprattutto beni ecclesiastici (della Mensa, dei canonici di S. Salvatore, dei PP. di S. Giacomo, delle MM. di S. Leonardo e delle MM. di S. Margherita) che erano stati acquisiti al Demanio Nazionale dalle soppressioni rivoluzionarie e successivamente privatizzati. Nell'impossibilità, dato il breve spazio disponibile, di esaminare tutte queste tenute e proprietà, ci concentreremo soprattutto ed a grandi linee sulle vicende delle tre grandi famiglie aristocratiche ed infine, più dettagliatamente ed a titolo esemplifica-tivo, ci concentreremo sulle vicende della tenuta Bentivoglio senatoria.


Polacchi a Bologna, 2° Corpo Polacco in Emilia Romagna



I Polacchi verso Bologna

La campagna dei polacchi in Italia avvenne in un contesto di crescente orgoglio, ma anche di continuata, drammatica disperazione. Che dopo Stalingrado e la sconfitta dell'Asse in Africa, con la resa e l'invasione dell'Italia, il dispiegarsi delle resistenze dei popoli e poi lo sbarco in Normandia, la guerra fosse vinta per gli alleati era ormai evidente ad ogni osservatore imparziale. ormai attaccata sul suo stesso suolo l'Italia mussoliniana era crollata in maniera confusa e caotica. per i polacchi, al contrario, sul suolo italiano riacquistava pieno significato l'inno nazionale, nato, in circostanze per molti versi analoghe, proprio centocinquant'anni prima, tra Bologna e Reggio.

"Ancora la Polonia non è morta/ finché noi viviamo./ Quello che la tirannide straniera ci ha tolto/ la riconquisteremo con la spada./ Marcia, Marcia, Dubrowsi, dalla terra italiana alla Polonia/ sotto la tua guida/ ci ricongiungeremo al popolo".



Il Crocifisso di Porretta




Il Crocifisso di Porretta 

Indagine sulla committenza e sul sistema devozionale originano, di Alfeo Giacomelli

L'altare del Crocefisso scolpito a Roma nel 1637 da frate Innocenzo da Pietralia Soprana costituisce ancor oggi uno dei centri devozionali della chiesa di S. Maria Maddalena di Porretta. Nonostante la lapidetta che ricorda come in occasione dell'erezione, nel 1637-51, si manifestassero «continui miracoli», il culto non dà luogo oggi ad alcun fenomeno esorbitante di «devozione popolare», nè vi sono intorno ex voto. Il giuspatronato laicale attestato dalla lapidetta cessò sicuramente con la rivoluzione francese nè credo vi fossero piú tentativi di ricostituirlo. Le antiche confraternite delle Stimmate e del SS. Sacramento cessarono pure nello stesso periodo e la recente ricostituzione di quella del SS. Sacramento costituisce più un fatto culturale-affettivo che devozionale nel senso delle antiche confraternite, sicuramente non intralcia la regolata vita ecclesiale, saldamente incentrata nella messa e nella celebrazione eucaristica.
Dall'età controriformistica l'aspetto della chiesa e degli altari ha subito notevoli alterazioni, Le vecchie pale d'altare sono state sostituite quasi tutte nell'800 da nuove immagini e devozioni e sono state addossate alle pareti in collocazioni relativamente marginali, costituendo quasi un piccolo museo artistico-devozionale. Anche le nuove devozioni, come quella del Sacro Cuore, non hanno più del resto il molo centrale che ebbero nell'800 e nel primo '900, costituiscono già anch'esse un fatto storico-culturale. Il Crocifisso invece ha mantenuto la sua collocazione originaria ed anche, sia pure molto depurata da specifiche devozioni e dalle connesse indulgenze, la sua centralità devozionale. ...

Crocifisso della Porretta di Innocenzo da Pietralia Soprana, 1637. Da un'immagine trovata in rete

Una casa-osteria porrettana a torre del Seicento





Una casa-osteria porrettana a torre nel Seicento

Vita quotidiana e cultura materiale

I vani della casa-torre sono solo 4, sovrapposti, anche se, verosimilmente di una certa ampiezza. Nella bottega osteria potrebbe essere attestato un "quadretto piccolo", senza indicazione di soggetto. Ciò non esclude che qualche immagine sacra si trovasse anche nella bottega – osteria ma doveva trattarsi di cose di scarsa importanza (ceramichette, stampe, santini, ecc.)....

Jusepe de Ribera "lo Spagnoletto" (1591-1652), Il gusto,Hartford, Wadsworth Atheneum, ante 1616

Famiglie nobiliari e potere nella Bologna settecentesca




Uno degli errori più frequenti e persistenti nella storiografia bolognese dell'età moderna in generale e del '700 in particolare, come si può ricavare anche da molte tesi di laurea, è stato ed è quello di considerare il patriziato ed il senato dei «Quaranta» (ossia 50) Riformatori dello Stato di Libertà come un blocco socio-culturale e politico omogeneo, detentore ed arbitro esclusivo del potere politico ed economico cittadino che sarebbe stato orientato in senso strettamente conservatore, chiuso nei privilegi della casta nobiliare dell'antico regime, un regime che, pertanto, sarebbe stato travolto solo dall'esterno per l'improvviso irrompere della rivoluzione borghese grazie all'arrivo dei francesi. Questa visione appare però ben poco convincente ad un'analisi reale e circostanziata.
Bisogna considerare anzitutto che, per quanto il senato ed in genere un po' tutti i ceti si riconoscessero nella volontà di autonomia dalla curia romana («dai preti») e nel proclamare una sorta di continuità della Repubblica bolognese attraverso le tesi contrattuali e la formula del governo misto (misto di monarchia pontificia e di repubblica popolare), Bologna in realtà repubblica vera e stato autonomo non era e, per quanto il suo ceto dirigente potesse guardare tradizionalmente per trarne ispirazione alla Repubblica di S. Marco, non poteva evidentemente averne la coerenza interna e la solida tradizione giurisdizionale così come, per altri versi, non poteva avere la coerenza e la forza interna del patriziato genovese, cosmopolita e disposto alla più ampia tradizione di servizio sui più vasti e contrapposti fronti, ma in realtà costante-mente unificato dal comune cointeresse nei grandi investimenti finanziari. Tutta l'evoluzione politica bolognese era frutto di costanti e successivi compromessi interni ed internazionali e tutte le sue strutture politico-istituzionali e sociali ne risentivano in maniera netta. ......

Estratto da: Nomi e cognomi dei Riformatori dello Stato di libertà di Bologna dal 1394 al 1467, tardo secolo XVIColl. B 4457

Scene di vita quotidiana a Granaglione e dintorni dai registri del Torrone



Una serie di denunce e qualche processo relativo a Granaglione e dintorni, fatti e avvenimenti piuttosto marginali ma che contribuiscono a chiarire il clima e la vita quotidiana del XVII secolo.

Struggente e di estremo interesse l'ultimo episodio che evidenzia in maniera drammatica la condizione della donna nel periodo, in questo caso quando si trovava in stato di povertà. (Nota dell'Editore).

G.M. Crespi, Ragazza che si spulcia, Firenze, Uffizi

 
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