L'uccisione e la decapitazione di Raffaele "il Gallo" Mellini (8 settembre 1586) - (Parte VI.15)



Questo studio fa parte di una serie intitolata "Per una storia del banditismo montano nel Cinquecento" che raccoglieremo in maniera organica e in un unico testo in un post finale ma che nel frattempo li riproporremo gradatamente nella versione iniziale pubblicata.

L'uccisione e la decapitazione di Raffaele «il Gallo» Mellini (8 settembre 1586).

Il momento più acuto della repressione e della ristrutturazione politico-religiosa era dunque superato e tra persistenti catture-esecuzioni, ma anche grazie e condoni, la vita rientrava lentamente nella normalità quando un nuovo episodio sembrò riportare le tensioni tra Zanini e Mellini al momento più acuto: l'uccisione di Raffaele «il Gallo», da tempo non più solo capo morale del clan Mellini ma anche suo capo militare ed operativo. Il fatto che tale uccisione avvenisse quasi esattamente ad un anno di distanza da quella di don Pirro ci fa presumere che gli Zanini non vi fossero interamente estranei, che fossero anzi i possibili organizzatori e mandanti dell'azione, anche se ce ne mancano le prove. Anche se l'episodio sembra inquadrarsi nella tipologia più recente e diffusa della caccia ai banditi per la riscossione della taglia e la liberazione di altri banditi, l'ipotesi che vi si frammischiasse anche una ennesima ed in qualche modo conclusiva faida non ci sembra da scartare. Comunque è evidente che anche le autorità cittadine e lo stesso conte della Porretta, lo stesso Granduca, avevano probabilmente bisogno di questa morte per giungere ad una pacificazione locale, alla sistemazione delle posizioni acquisite ed in qualche modo anche al tentativo di conciliazione tra le due famiglie rivali. Occorreva dunque avere un «parallelo» alle ripetute esecuzioni rituali degli Zanini ed in particolare a quella dei loro due maggiori esponenti, ser Giulio e don Pirro, e le autorità lo organizzarono. Ci sembra avallare questa nostra ipotesi anche il fatto che le indagini furono piuttosto sommarie e che la curia criminale non raccolse testimonianze dirette, ma solo voci, anche se piuttosto attendibili e convergenti. La notizia dell'uccisione di Raffaele «il Gallo» giunse alla curia del Torrone in termini così vaghi che 1'8 settembre 1586 non venne neppure registrata e venne invece citato per una più precisa informazione, sotto pena di sc.200, il massaro di Casio, nel cui territorio si era svolto uno degli episodi cruciali della vicenda. .......

Lodovico Carracci, Tito Tazio ucciso dai Laurenti (part.), Bologna, Palazzo Magnani

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