Giovan Battista di Giovan Antonio Lenzi mercante serico del Seicento bolognese e la sua eredità

Nota di Francesco Lenzi

La presente pubblicazione è il primo dei lavori "postumi" alla prematura scomparsa di Alfeo e di cui in seguito si occuperà la famiglia Giacomelli con la mia consueta collaborazione. 

Nonostante le sfortunate circostanze che hanno dettato l'incompletezza della ricerca, quest'ultimo lavoro di Alfeo rimane un capolavoro che ne evidenzia la profonda capacità critica di ricercatore attento, scrupoloso e preciso.

Si tratta del lavoro "centrale" sullo studio del ramo bolognese della Famiglia Lenzi, in questo caso di cittadini mercanti serici, già in confidenza e affari con i Grimaldi futuri principi di Monaco, operanti nel Seicento, e quasi certamente provenienti dall'Alto Reno, da coloro che il Tanara ci descrisse nel suo "L'economia del cittadino in villa" (ndr: Castel d'Aiano): i Lenzi di Stefano di Andrea Lenzi, massaro delle Arti dei Calzolai, con ogni probabilità dello stesso ramo di quelli del poeta e scrittore Gaspare Mariano di Varano, delle Capanne, tra Capugnano e Granaglione, anch'essi appartenenti all'arte dei calzolai, che ne riformarono gli statuti e poi divenuti cancellieri e notai.

Tengo a precisare che questa ricerca è stato un regalo che Alfeo mi ha fatto in occasione del matrimonio dei miei figli Tommaso e Rachele.

La premessa di Alfeo alla ricerca

Quando cominciai a lavorare alla ricostruzione genealogica e patrimoniale dei Lenzi lo feci non certo nell'intento di "nobilitarli", ma in un progetto di ricostruzione – tendenzialmente per totalità - delle famiglie dell'area porrettana, nel contesto di una ricerca mirante a ricostruire i caratteri originari dell'area, l'evoluzione del paesaggio e dell'agricoltura, degli insediamenti e delle famiglie appunto, il lavoro agricolo ed artigianale, i commerci, le mutazioni nel tempo della pietà religiosa, della mentalità e del costume, la cultura materiale, ecc. Insomma una ricerca storica e antropologica localmente ristretta quanto, nelle ambizioni, estesa nel tempo e totalizzante. Mi incoraggiavano e mi furono di notevole esempio ed aiuto le ricerche degli indimenticabili amici Leonello Bertacci e Paolo Guidotti e, per la storia delle istituzioni religiose, di Mario Fanti. Di Leonello voglio ricordare soprattutto la grande capacità di lettura dei documenti medievali, l'amore per la storia e i beni culturali dell'Appennino, la grande conoscenza di estimi e rogiti che gli permisero di redigere brevi ma precisissime schede su case e famiglie di una vastissima area della montagna nostra. Ma anche per la sua morte precoce Leonello lasciava, oltre le rapide schede pubblicate, solo appunti frammentari che nessuno ha cercato di vedere se fossero utilizzabili. Forse no perché li ricordo dispersi nei suoi quadernetti, confusamente (siamo in un periodo antecedennte ai computer) che probabilmente solo lui poteva rintracciare. Ma fu soprattutto da lui che appresi l'importanza degli estimi, ovviamente insieme ai rogiti notarili, sia per la ricostruzione del paesaggio e degli insediamenti sia al fine della ricostruzione delle famiglie, anche se l'uso che io ne feci divenne quasi subito più sistematico e totalizzante. Lo stesso si può dire di Paolo Guidotti, che aveva sui documenti della montagna la stessa erudizione ma che concentrò la sua attenzione su un'area più limitata, il Castiglionese dei Pepoli, riuscendo a darne un quadro per molti versi esemplare. Della competenza e dell'erudizione di Mario Fanti non è neppure il caso di parlare anche se, per la vastità delle sue conoscenze archivistiche e delle sue ricerche, ci ha dato solo alcuni esempi, comunque fondamentali, di storia ecclesiastica della montagna. Rispetto a Bertacci e Guidotti io portavo forse problematiche più affinate sulla moderna storiografia, specie francese, ma a frenare anche le mie ricerche specifiche vennero la molteplicità delle ricerche e degli interessi avviati e, dall'altro, il notevole ampliamento, tendenzialmente totalizzante, dell'area, anche solo appenninica, coperta. Anche i miei studi specifici sono rimasti perciò frammentari e largamente inediti (forse proprio per le parti più sintetiche) ma credo a mia volta di aver lasciato una non piccola traccia di metodo e di essermi talora imbattuto in documenti insperati, di grande valore e capaci di modificare in profondità la tradizionale e stereotipata visione della montagna. Penso in particolare alla Cronaca "contadina" del capugnanese Desiderio Zanini e penso alla leggenda di S. Acazio di Montovolo, segnalatami da Mario Fanti, ma da me interpretata e collocata in un contesto totalmente innovativo e rilevante, e potrei continuare con altri esempi ancora.

La cronaca Zanini fu particolarmente importante perché dimostrava che un intellettuale e una comunità "contadini" della fine del '500 potevano essere perfettamente aggiornati sulle problematiche politiche, giuridiche e religiose del loro tempo, potevano abbozzare una storiografia – per quanto frammentaria – persino d'avanguardia nelle metologie, anticipando le più avanzate metodologie attuali, e, tra l'altro avviando con estrema precisione la ricostruzione del paesaggio, degli insediamenti e la genealogie di tutte le famiglie, in parte per orgoglio di nobiltà contadina e comunista, in parte anche per esigenze pratiche (ad esempio quella di conoscere i gradi di parentela ed affinità ostacolanti i matrimoni secondo le nuove disposizioni tridentine). Lo studio delle fonti criminali, che dopo Ottavio Mazzoni Toselli sembrava essere stato dimenticato, alla luce di queste problematiche, si rivelò altrettanto importante e innovativo anche perché permetteva di entrare direttamente nel vivo della vita quotidiana, della mentalità e dei valori, della vita materiale, ecc. come nessun'altra fonte, ben più dei pur importantissimi rogiti notarili e ben più di molte fonti un po' burocratiche e standardizzate, come ad esempio le pur importanti visite pastorali.

E intanto, dalla correlazione di tante fonti, era presto saltata la visione tradizionale della montagna e della società montanara. Dallo studio diretto e sistematico delle fonti la montagna non appariva più un luogo periferico di emarginazione e di povertà, ma, al contrario, e non solo per il medioevo ma per tutta l'età moderna, un luogo di intenso popolamento, di grande rilevanza strategica, di notevole rilevanza economica e commerciale (talora anche di produzioni protoindustriali), costantemente correlata con la città ed anzi, anche per le diverse migrazioni, correlata a più stati, inserita in giochi politico – militari e diplomatici di vasto raggio, strettamente correlata alla città e capace di apportare ad essa un costante e notevole ricambio demografico e produttivo. Anche sotto l'aspetto intellettuale il quadro appariva estremamente variegato e complesso. Insomma si era presto sfaldata l'immagine di una montagna e di un mondo popolare totalmente marginali e subordinati e per contro era emersa potentemente la compenetrazione delle due società urbana e rurale, delle due culture, alta e accademica e popolare, delle economie, ecc. In questo contesto anche la storia delle famiglie era divenuta molto più complessa e problematica, ciò che era già stato perfettamente intravisto da alcuni più puntuali storici del passato, ma che, dallo studio sistematico, appariva in tutta la sua ampiezza.

(continua)

..........



 
Powered by Blogger