L'inasprimento delle lotte faziose e la battaglia di Vergato (25-27 ottobre 1582) - (Parte II)




Questo studio fa parte di una serie intitolata "Per una storia del banditismo montano nel Cinquecento" che raccoglieremo in maniera organica e in un unico testo in un post finale ma che nel frattempo li riproporremo gradatamente nella versione iniziale pubblicata.

Ampiezza e violenza del fenomeno banditesco agli inizi degli anni '80

Sul finire degli anni '70 e all'inizio degli anni '80 del '500 il fenomeno banditesco subì, in Bologna come altrove in Italia e in Europa, un drastico aggravamento. I delitti in città ed in contado si moltiplicarono, coinvolsero moltissimi esponenti delle famiglie nobili e gran parte delle famiglie contadine in migliaia di scontri particolari, di contingenti lotte d'interesse e di faide. Proprio per la miriade e la capillarità di questi conflitti i tempi sono decisamente prematuri per tentare una sintesi, anche perché, per quel poco che queste vicende sono state studiate in passato, ci si è solitamente affidati alla frammentarietà degli episodi quali apparivano dalle fonti criminali, senza cercare di coglierne le più profonde connessioni e cause. Bisognerà anzitutto considerare il periodo che, per l'Italia, è quasi il culmine di una prima rivoluzione protoindustriale e protocapitalistica ma è anche il momento in cui già nettamente si delinea l'inizio della crisi per la concorrenza estera in molti settori manifatturieri e per la crescente divaricazione tra l'aumento della popolazione e la disponibilità di risorse agricole, in aumento ma non allo stesso ritmo, per la messa a coltura .di terre progressivamente più marginali. Andranno poi considerate le ragioni connesse al definitivo consolidamento degli stati moderni: il processo di affermazione dei principi, delle loro corti, degli apparati amministrativi e burocratici da essi dipendenti o, per contro, le linee dell'estrema difesa delle libertà e dei privilegi provinciali e cittadini. Per lo Stato pontificio e Bologna in particolare c'è da considerare da un lato la rivendicazione teorica da parte del sovrano-pontefice di un potere assoluto derivante immediatamente da Dio, dall'altro la concreta debolezza di questo potere per l'elettività del sovrano; il suo carattere frequentemente senile; la fretta dei nipoti (ma talora ancora dei figli in senso più ristretto, come appunto per Gregorio XIII Boncompagni) di acquisire posizioni principesche nello stato e fuori di esso; la mancanza di una linea politica e di una continuità dinastica; la collaborazione ma anche le resistenze che il pontefice e il suo più ristretto entourage trovano nella curia e nelle grandi famiglie cardinalizie e principesche della capitale; il carattere ambiguo del collegio cardinalizio e della curia tutta, insieme corte rappresentativa e politico-amministrativa di uno stato specifico ma anche organo direttivo della Chiesa e quindi centro di verifica di innumerevoli equi-libri italiani ed europei, punto di irradiazione anche di molteplici spinte centrifughe, ad esempio attraverso i prelati ed i cardinali «nazionali». La debolezza dello Stato pontificio si regi-stra anzitutto proprio in rapporto a Bologna, la seconda città dello stato, la prima anzi per sviluppo economico-produttivo, ma, per molti versi, anche la più centrifuga, la più proiettata verso l'Europa, la più autonomista e tendenzialmente ancora repubblicana, la più legata a libertà e privilegi che lo stesso Gregorio XIII, uscito da essa, dal suo ceto oligarchico-dottorale, ha voluto per molti versi confermare e salvaguarda-re. Gli apparati statuali sono venuti precisandosi: così in Bologna si è ormai consolidata la prassi del governo misto o cogoverno tra legato e senato, ma non senza molteplici e costanti tensioni. Tanto più che, mentre il senato è venuto effettivamente rafforzando e articolando i suoi organismi di governo, anzitutto attraverso le assunterie interne e l'ambasciatore in Roma, il potere del legato o rappresentante pontificio è molto più oscillante e indefinito nei ruoli e nella durata. ......

Vergato, veduta con la chiesa di Santa Maria e il palazzo del Capitano della Montagna

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