I Tanari e la Comunità di Belvedere: dallo Stabilimento della Larvata "Signoria" al recupero delle libertà (1525-1602) - (Parte V)




Questo studio fa parte di una serie intitolata "Per una storia del banditismo montano nel Cinquecento" che raccoglieremo in maniera organica e in un unico testo in un post finale ma che nel frattempo li riproporremo gradatamente nella versione iniziale pubblicata.

I Tanari e la Comunità di Belvedere: dallo Stabilimento della Larvata "Signoria" al recupero delle libertà (1525-1602) - (Parte V)

Nel 1525 la comunità di Belvedere affittò i propri beni ai Tanari, favoriti dall'appoggio di Clemente VII e dei suoi legati, dal momento che dalla fine del '400 con le loro risorse finanziarie e le loro bande avevano sostenuto i Medici nel loro tentativo di rientro in Firenze contro la repubblica e avevano poi sostenuto i tentativi di espansione pontificia nel ducato estense, specificamente lottando nel Frignano contro i Montecuccoli. Val appena la pena di ricordare qui che tale data coincide, anche per il Bolognese, con un periodo di intensa rifeudalizzazione propria che vede l'intero territorio smembrato in numerose contee concesse alla oligarchia cittadina, da quella dei Castelli nella vicina Rocca Corneta a quella dei Grassi a Labante, dalla conferma della contea di Porretta ai Ranuzzi, a quella dei Volta a Vigo e Verzuno, alla proseuzione negli Sforza Manzoli della commissaria di Monzuno, ecc. ecc. e così val appena la pena di ricordare come, di lì a poco, i Tanari si rendessero di nuovo particolarmente benemeriti di Clemente VII e dei Medici partecipando con le loro bande alle lotte toscane per il recupero del principato, e specificamente anche alla battaglia di Gavinana, come poi alle lotte per assicurarlo contro la resistenza repubblicana (particolarmente forte nell'alto Pistoiese) che, dopo la morte di Alessandro, Cosimo I sarebbe riuscito a vincere a Montemurlo solo nel 1536. Grazie a tali bande e appoggi e poi grazie al controllo della pieve di Lizzano, centro della comunità di Belvedere, alla quale erano ancora direttamente unite anche le chiese di Vidiciatico e Monte Acuto, i Tanari ottennero il continuato rinnovo di tale affitto e stabilirono sulla comunità di belvedere una larvata signoria, non esente da pratiche mafiose. Questa situazione continuò finché sui beni di Belvedere non avanzarono pretese anche i Pepoli, che a loro volta si venivano rafforzando negli anni di Gregorio XIII Boncompagni come capi della fazione ghibellina e puntavano al primato politico, economico e militare nella città e nel contado. Già nel 1571, sollecitati dai Pepoli, i belvederiani cercarono di scrollarsi di dosso il protettorato dei Tanari ed elessero dei deputati muniti di regolare procura che avviarono una lite formale coi Tanari. Il 15 gennaio 1572 perciò il senato, ordinando l'estrazione del nuovo massaro, gli vietava di ingerirsi nella lite lasciandone ai deputati tutta l'incombenza, e gli ordinava di prestare loro il necessario aiuto, ricorrendo al senato stesso in casi di dubbio. Nel 1577, sempre spalleggiata dai Pepoli, una parte della comunità tentò di nuovo di liberarsi del predominio dei Tanari. In un memoriale al senato si lamentava che la comunità era stata spogliata di fatto dai Tanari dei suoi diritti e dei suoi beni e si temeva che, approssimandosi alla fine la locazione e la sua proroga, si maneggiasse di nuovo con frodi e inganni in modo che tutto, come in altre occasioni, fosse regolato da tre-quattro uomini e, a causa della sua povertà e della potenza degli avversari, la comunità non potesse recuperare ciò che le spettava di diritto. I Belvederiani chiedevano che il senato intervenisse a vietare strumenti privati, non autorizzati. Il senato il 22 agosto 1577 girava il memoriale agli Assunti di Governo, ma, di fatto, la soluzione era rimessa alla rispettiva forza delle bande guelfe e ghibelline e, grazie al controllo della pieve di S. Mamante da parte di don Gherardo e all'autorità del padre di lui Bella, i Tanari la spuntarono di nuovo e nel 1578 ebbero la proroga triennale dell'affitto dei beni, sebbene la comunità e diverse famiglie, come i Filippi, i Fioresi, i Bernardini, mordessero il freno, per la loro maggiore autorevolezza o perché sobillate dai Pepoli. ......

Egnazio Danti, Bononiensis Ditio (part.), Vaticano, Galleria delle Carte geografiche

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