I Fronzaroli di Rocca Corneta e la reazione ghibellina al predominio dei Menzani e dei Tanari - (Parte IV.4)



Questo studio fa parte di una serie intitolata "Per una storia del banditismo montano nel Cinquecento" che raccoglieremo in maniera organica e in un unico testo in un post finale ma che nel frattempo li riproporremo gradatamente nella versione iniziale pubblicata.

I Fronzaroli di Rocca Corneta e la reazione ghibellina al predominio dei Menzani e dei Tanari (Parte IV.4)

Abbiamo visto in un post precedente che le violenze mafiose dei Tanari e dei Menzani nel Belvedere cominciavano nel 1584 ad incontrare qualche resistenza nella popolazione e specificamente in alcuni gruppi famigliari più organizzati, come i Bernardini. L'episodio di più decisa resistenza si ebbe tuttavia a Rocca Corneta nell'aprile del 1584 ad opera dei Franzaroli, famiglia del rettore don Bino, dopo che una loro donna sposata in un Giovanardi era stata assassinata. Questo episodio dell'assassinio, così come appare nel processo, sembra rientrare nelle usuali angherie e violenze banditesche, caratterizzarsi quasi come incidente non intenzionale se mai con qualche risvolto di tipo passionale per la tensione preesistente tra il capobandito Aloigi Menzani e il giovane contadino cornetano Giorgio Giovanardi per le grazie di Caterina Taglioli dei Prati della Villa, episodio che sembra richiamare l'avvio dei Promessi Sposi manzoniani nelle mire del signorotto don Rodrigo verso la Lucia Mondella amata dal buon Renzo Tramaglino. Ma, in realtà, le cose, ancora una volta, sembrano a noi assai più complesse. Non dobbiamo dimenticare infatti che le testimonianze raccolte, relative a questo episodio, sono pressoché esclusivamente quelle della parte lesa e che i banditi non ebbero alcuna possibilità di far sentire la loro voce, di dare la loro versione dei fatti, mentre i giudici inquisitori del '500 (del '500?) mostrano in tutti questi processi una singolarissima incapacità di stabilire collegamenti tra un processo e l'altro, di operare una qualsiasi sintesi dei diversi episodi criminali in un quadro socio-politico significante. In realtà sembra a noi che anche questo scontro s'inquadri molto bene nella violenta lotta in atto ormai in tutta la montagna tra la fazione ghibellina dei Pepoli e di Gregorio della Villa e quella guelfa dei Tanari-Menzani e dei Malvezzi, lotta culminata il 13 marzo, appena un mese prima dell'episodio, nella vera e propria battaglia dei prati di Caprara, Pian di Venola e Sibano con la sconfitta dei birri e delle nuove truppe corse di repressione da parte delle bande pepolesche concentrate e poi nel Belvedere nell'attacco del conte Aloigi Pepoli alla pieve di Lizzano per rivendicare l'affitto dei beni comunali con l'umiliazione di don Gherardo Tanara, attacco che, a sua volta, sollecita più o meno in questo stesso periodo la controffensiva dei Menzani (ma in realtà dei Tanara e dei Montecuccoli) con l'invasione del Bagno della Poretta e l'uccisione dello stesso fratello di Gregario della Villa, Francescone "il Bave". Il Belvedere, e in minor misura Capugnano e le Capanne grazie all'alleanza degli Zanini con don Gherardo Tanara e suo padre ser Bella, erano in mano dei Menzani che non mancavano di compiere angherie ed estorsioni mafiose ma, viceversa, Rocca Corneta era tendenzialmente filoghibellina o, quanto meno, lo era nettamente il suo parroco, don Bino Fronzaroli e la sua famiglia. Di questa tensione esistente tra il pievano e don Bino una precisa traccia si aveva anche nelle denunce di natura "religiosa" che il primo aveva rivolto al secondo in occasione delle visite pastorali e negli accenni alla presenza di banditi nel santuario della Madonna dell'Acero, di giurisdizione cornetana. ...

Tommaso Minnetti - Rocca Corneta

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