Il Guercino nella società centese del suo tempo



Mi è appena giunta, dalla Biblioteca di Cento, la mia relazione a un locale convegno del 1991 in occasione del centenario, a cui intervenne anche Denis Mahon che però alla fine non mandò il suo contributo. Io avevo perso (o non mi ero mai preoccupato di avere) la pubblicazione e me la sono fatta mandare. Desidererei inserirla tra i testi che pubblicheremo, anzi vorrei che figurasse una specifica sezione "Studi di storia centese" oppure "Studi su Cento e il suo territorio" perché saranno forse una decina, spesso piuttosto innovativi, a cui si potrebbe aggiungere qualcosa di manoscritto. Cento e Pieve sono quasi uno dei tanti ministati italiani, con una fisionomia estremamente specifica. Sorsero gradatamente nel tardo medioevo in un'area confinaria e paludosa, di incerta giurisdizione, che i contadini e pescatori locali bonificarono gradatamente sulla base di concessioni enfiteutiche dell'abazia di Nonantola e del vescovo di Bologna, originanti le celebri "partecipanze", vasti possessi collettivi ridistribuiti periodicamente tra tutti i discendenti degli antichi concessionari se effettivamente residenti (un'altro mondo contadino -forzatamente - di famiglie "antiche e originarie", con genealogie e stemmi). Terre fertilissime, create dalle alluvioni del Reno e del Panaro, costantemente controllate dalla comunità e dalla popolazione (un mondo contadino che precocemente crea un'agricoltura d'avanguardia - con la canapa come prodotto guida - che crea anche una scienza d'avanguardia, soprattutto di agrimensori, agronomi, idraulici - ma che presto sviluppa anche notevoli produzioni artigianali - anzitutto il canapificio - con ampi commerci su scala internazionali, favoriti anche dalla graduale ma precoce realizzazione di un locale "canalino" navigabile (ma insieme motore anche di molini, essenziale per le irrigazioni anche dei notevoli prati e per la macerazione della canapa). Insomma, precocemente due piccole, popolose città, un territorio fertile densamente popolato, una società articolatissima dove ai contadini precocemente si affiancano gli artigiani e i mercanti (compreso una consistente presenza ebraica - ancora nell'ottocento dell'impero della regina Vittoria, il primo ministro Disraeli era di recenti origini centesi, di famiglia migrata per il commercio della canapa -) e si delinea precocemente una società articolatissima, basata in primo luogo sul piccolo possesso contadino - comunitario dei partecipanti ma poi anche sul possesso libero, ma poi anche su numerosi e qualificati ecclesiastici (favoriti dai numerosi e qualificati conventi e dallo stretto rapporto col vescovo di Bologna che resta signore feudale e che dalle decime enfiteutiche centesi ha le sue maggiori entrate), su non pochi laureati in diritto o notai, lettori universitari a Bologna o a Padova, che, abbastanza presto trovano sbocchi esteri, a Bologna, a Ferrara, presso i vari principati padani, si arricchiscono e vengono nobilitati. Nobiltà minore in genere, che partecipa ancora molto di una borghesia che a sua volta sa ancora molto di contadino, ma insomma una società articolatissima e, per molti versi straordinariamente equilibrata e relativamente prospera e felice. Il comune bolognese ha cercato presto di scalzare il vescovo, senza riuscirci, e di queste tensioni, e delle mire estensi, profitta Alessandro VI Borgia per cedere l'intero territorio agli Este come dote della figlia Lucrezia. Ma già Giuliano della Rovere vescovo - legato di Bologna ed abate di Nonantola tenta un primo recupero, facendo leva sulla persistenza signoria feudale, e il recupero definitivo si avrà alla fine del '500 con Clemente VIII Aldobrandini e la devoluzione di Ferrara. Nel '600 -700, sotto il governo della Chiesa, il Cento - Pievese dipenderà politicamente dal cardinal legato di Ferrara, ma continuerà a dipendere dalla diocesi di Bologna ed in particolare a riconoscere i suoi possessi derivanti dalle concessioni enfiteutiche medievali di quello, che quindi resta una sorta di signore feudale, il principe eminente di una città e di un territorio che giocano su questa situazione per continuare a ritagliarsi larghe autonomie e privilegi, per certi versi finiscono per essere, un po' come Bologna, una piccola autonoma e prospera repubblica. Anche Goethe nel suo viaggio in Italia, del 1787 ma pubblicato solo 150 anni fa, colse benissimo questa situazione e ne fu affascinato e dedicò a Cento un'attenzione superiore a quella che dedicò a Bologna e a Firenze. Anch'io nei miei ormai lontani anni di giovane ricercatore (mi ero laureato tra l'altro con una tesi - molto innovativa - sulle bonifiche) ne fui affascinato anche perché si trattativa di una cittadina e di un territorio abbastanza ampi ed evoluti da presentare tutte le caratteristiche di una grande città (e ricchissimi archivi) ma insieme abbastanza piccoli per essere studiati per totalità (tra l'altro, appunto, con una sua significante scuola pittorica, ma anche una cappella musicale, cc.), sondando la potenzialità delle diverse fonti e correlandole tra loro, sull'esempio di importanti studi francesi che non hanno avuto molto seguito tra noi. Abbozzai l'impresa e ne nacquero appunto diversi studi, ma poi la distanza da Bologna, il tempo perso, i costi, diverse altre circostanze, ma soprattutto il fatto che i diversi archivi locali, pur ricchissimi, fossero di fatto inutilizzabili per inagibilità di spazi e mancanza totale di personale, mi costrinsero a desistere. Il tutto sfociò nel contributo a qualche convegno e pubblicazione locale ed in una non spregevole Storia di Cento, miscellanea, ma ben lontana da quel sogno "per totalità" che io avrei auspicato, che nessuno ha poi portato avanti e da quasi un decennio è saltato e praticamente fini to anche il centro studi (cattolico - conservatore) che in qualche modo aveva sorretto quelle iniziative.
Potrebbe essere anche un omaggio a Goethe nei 150 anni dalla pubblicazione.

Guercino, particolare da Madonna con bambino - Pinacoteca Civica di Cento


 
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